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Quarto controcanto: dedicato a Oriana Fallaci e Gigi Proietti.


Foto Wikipedia


23 Maggio 1974, Oriana Fallaci sulle pagine dell’Europeo dichiara: “Caro direttore, non riesco a scrivere l’articolo che mi ha chiesto. Per scrivere bisogna essere lucidi, bisogna pensare e non riesco a pensare stamane. Non riesco a essere lucida: sono troppo felice”.

 

La sera prima, in un’Italia senza turbo connessioni e notizie in tempo reale, la Fallaci aveva appreso solo una volta giunta alla stazione Termini la notizia sugli esiti del referendum abrogativo della legge sul divorzio. Con circa il 60% dei voti, aveva vinto il NO.

 

Quel referendum – il primo abrogativo della storia della Repubblica - aveva l’obiettivo di annullare la legge sul divorzio introdotta con fatica nel 1970 col parere contrario di Democrazia Cristiana, Movimento Sociale Italiano e una parte di cattolici.

 

Dal momento del voto avvenuto dopo 18 ore filate di dibattimento e 5 anni di un tormentato iter parlamentare, l’approvazione della legge sul divorzio aveva radicalizzato il dibattito tra il fronte divorzista e quello contrario, animando uno scontro aperto tra due idee di Paese, di società e di famiglia.

 

A quel dibattito acceso, a quella discussione democratica tra le più appassionate della nostra storia partecipò tutta l’Italia: il 90% degli aventi diritto al voto si recò alle urne, e si schierò ogni parte della società civile: intellettuali, femministe, studenti, artisti, sportivi, pubblicitari ed esperti di media, giornalisti...tutti parteciparono al confronto per decidere democraticamente sul futuro della società italiana.

 

Tra i vari soggetti imprevisti di questo confronto, clamante fu la voce delle donne: le stesse che fino al 1956 avevano dovuto sopportare che fosse legittimo essere battute dal proprio marito a scopo correttivo (ius corrigendi).

Il marito: il soggetto depositario della verità, la fonte di sostentamento e l’arbitro supremo delle decisioni e degli equilibri famigliari.

Dopo la vittoria del NO, le rivendicazioni delle donne subirono una ulteriore accelerazione tra cui – oltre a quelli che abbiamo commentato negli altri editoriali - il nuovo Codice di diritto di famiglia che per la prima volta garantiva la parità legale tra i coniugi, la legalizzazione dell’aborto, l’abrogazione del delitto d’onore.

Si aprì una stagione fondamentale per l’emancipazione femminile, l’uguaglianza e la parità.

 

Ora: la storia di quella stagione sembra sussurrare tanti moniti a questi tempi nostri incerti e inquieti e mi sembra di doverli acchiappare nell’eco vibrante della storia per condividerli, parlarne, porci domande ampie.

 

Il primo pensiero: l’astensionismo è un fatto recente. Fino ai primi anni ’80 è inferiore al 10%, triplica nei quarant’anni successivi per sfiorare il 40% alle ultime elezioni politiche.

La disaffezione del popolo alla partecipazione democratica è crescente in modo evidente e inquietante.

Cosa si è sfilacciato nel rapporto con la politica? Che cosa ha fatto rinchiudere le persone nell’individualismo per sua natura sospettoso e guardingo? Che cosa ha nutrito la sfiducia sulla rappresentanza? Ma soprattutto: cosa potrebbe invertire questa tendenza? Sarà questo desiderio di partecipazione generosa e collettiva che mi fa riempire di speranza quando vedo i giovani in piazza?

 

Il secondo: una delle sottovalutazioni di alcuni conservatori è di non riuscire a prevedere di quali diritti potrebbero voler godere. Alla campagna per il SI’ parteciparono tanti beniamini della società italiana: gli amatissimi Albano e Romina che si separeranno nel 1999, 25 anni dopo. E così la popolarissima Iva Zanicchi che si separerà nel 1985 o Giorgio Almirante convolato a nozze nel 1973 dopo una separazione perfezionata in Brasile. Nella loro evoluzione personale, familiare, esistenziale quegli uomini e donne hanno evidentemente cambiato prospettiva. Perché è così difficile pensare che le idee siano anche figlie del proprio tempo e che i diritti che una parte della società reclama a gran voce, non tolgano nulla a coloro che quei diritti non pensano di volerli esercitare?

 

Il terzo: la postura illiberale ha sempre lo stesso approccio strategico alla comunicazione di massa. Denigra, zittisce e impaurisce.

Il fronte del SI’ sostenne che la vittoria definitiva della legge sul divorzio avrebbe costituito l’inizio della fine della famiglia. Famiglia che aveva piuttosto “il compito di accudire i suoi componenti dalla culla alla bara”. Sostenne che “i mariti sarebbero scappati con le domestiche”.

Che il divorzio avrebbe portato il paese alla rovina, alla degenerazione morale e sociale e sarebbe stato, come si diceva in alcuni ambienti, l’anticamera di una serie di aberrazioni tra cui l’aborto, la dissolutezza dei costumi sessuali, la poligamia, la prostituzione, la pornografia, l’omosessualità, la diffusione della droga, dell’eutanasia, e anche dell’evasione fiscale e del tasso di suicidi.

Circolò persino un manifesto in cui - riportando un rapporto dell’ONU riferito alla delinquenza in US – si rilevava che il 45% di tutte le persone arrestate fosse figlia di genitori divorziati stabilendo una di quelle correlazioni a tal punto azzardate dal punto di vista del rigore scientifico da essere degne di quella che Aristotele avrebbe definito un impianto di argomentazioni fallaci. 

Vennero cancellate dalla programmazione alcune puntate di inchiesta sul divorzio ma anche film e spettacoli: sulla TV che nel ‘74 compì 20 anni, i partiti di maggioranza esercitarono un controllo diretto.

Perché la storia non ha anche una funzione immunitaria? Perché non siamo in grado di produrre anticorpi in grado di riconoscere e combattere gli agenti che turbano lo sviluppo del corpo collettivo?

 

Consultando gli archivi utili a scrivere questa sintesi e breve riflessione, ho scoperto che a quel dibattito straordinario partecipò anche Umberto Eco promuovendo la mobilitazione di collettivi pubblicitari per sostenere la campagna del NO.

Ho amato i caroselli in cui – tra gli altri – si sono esposti Gianni Morandi, Gigi Proietti, Nino Manfredi. Ho amato tutte le donne in prima linea tra cui Dacia Maraini, Emma Bonino, Nilde Iotti e una spettacolare Lina Wertmuller, fresca reduce di Mimì Metallurgico che ben rappresentava una certa idea di coppia.

 

Ho amato quel tempo in cui l’energia del corpo sociale – comunque la si pensasse – era viva e vibrante.

È questo il pensiero che mi attraversa continuamente in questi giorni.

Mi dico che la mobilitazione è un atto necessario.

Mi dico che la speranza e la fiducia sono atti necessari perché la parità è faccenda che ci riguarda tutti.


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